Insomma, non credo di sbagliare nel dire che una delle basi principali della cultura e della pratica giuridica sia quella del diritto di proprietà privata che traduce il senso dell' appartenenza. Così come è un punto fisso nell' ambito economico e via dicendo. Ma come nasce precisamente questo concetto e soprattutto come viene giustificato a livello filosofico ? Ho vaghi ricordi liceali di qualche tentativo in merito da parte di Locke, ma non mi riesce di inserire il tutto in un quadro ricostruttivo soddisfacente.
Copyright © 2024 1QUIZZ.COM - All rights reserved.
Answers & Comments
Verified answer
Una società dove il diritto di proprietà non esiste e non viene protetto è possibile solo sotto un regime di dittatura. Il dittatore tratta i sudditi come sua proprietà e loro non sono altro che schiavi mantenuti in vita col suo permesso.
Ci sono solo tre diritti naturali con i quali nasciamo. Sono il diritto alla nostra vita, il diritto alla proprietà del nostro corpo e della nostra mente e, per estensione, alla proprietà di ciò che facciamo col lavoro del nostro corpo e della nostra mente con le cose naturali (per es. da un albero facciamo una canoa), e il diritto di libertà di agire secondo la nostra volontà e non secondo la volontà di qualcun altro.
Il concetto di “diritto” non è un concetto giuridico. Prima di tutto è un concetto morale. Morale significa che nel suo agire l’essere umano ha un’alternativa: rispettare la vita, la proprietà e la libertà altrui o violare questi diritti naturali.
Come può la mia vita non essere di mia proprietà? Come può la mia vita appartenere a me e contemporaneamente a chiunque? La realtà esistenziale non permette una tale contraddizione logica. La stessa cosa vale per la proprietà. Come può una mela che raccolgo da un albero e che mangio e digerisco con il mio stomaco essere anche un bene “collettivo” o “comune” che appartiene anche ad altri stomachi? Come può il lavoro che ho fatto nel trasformare un albero in una canoa appartenere a chiunque la reclami sua?
E lo stesso ragionamento vale per la libertà di agire. Come può il mio desiderio di produrre qualcosa di valore per migliorare la mia vita appartenere contemporaneamente a qualcun altro per il miglioramento gratuito della sua vita? Una contraddizione è un conflitto tra forze opposte. Un diritto naturale può essere violato solo con l’uso della forza fisica.
Il rifiuto di riconoscere il significato morale del diritto di proprietà è, per estensione, il rifiuto di riconoscere il diritto naturale della vita e della libertà, poiché questi tre diritti naturali sono correlativi aspetti della natura di un essere vivente razionale che vive in una società. Su di un’isola deserta il concetto di diritto non ha senso proprio perché non esiste nessuno che lo può violare. Esistono tuttavia i concetti di libertà e di proprietà della vita e delle cose che un uomo ha e produce, proprio perché la vita non è gratuita. Anche su di un’isola deserta, il cibo che uno produce, la pesca, la caccia devono essere accuditi intelligenetemente perché vivere significa avere l’laternativa tra guadagno e perdita. Se riesco a trovare il sistema di pescare efficacemente ho un guadagno per la mia vita; ogni volta che mi faccio scappare i pesci, ho una perdita. Ma queste alternative non sono una questione morale di diritto. Solo quando l’uomo si trova in un contesto SOCIALE di due o più persone nasce la necessità di riconoscere il concetto morale di diritto e della sua possibile violazione. Solo quando una persona esige la pesca o il prodotto di qualcun altro con l’uso della coercizione sappiamo concretamente che cosa significa avere il diritto di proprietà ed avere l’esperienza della sua violazione.
Così, quando un villaggio mediterraneo veniva assalito dai pirati vichinghi, se era incapace di proteggere il diritto di proprietà, gli uomini venivano uccisi, le donne violentate, e i prodotti e le ricchezze saccheggiate venivano portate via. Questo è quello che succede quando l’esere umano abbandona l’uso della razionalità e si affida per la sua esistenza all’uso della violenza allo stesso modo di come agiscono gli animali.
Poni il caso che tu ti appropri di una cosa che potrebbe essere di tutti, dovrai per forza di cose giustificare agli occhi loro il motivo per cui l'hai fatto basandoti su un cosidetto principio a priori. In realtà la proprietà privata non nasce come conseguenza di un diritto, ma di un sopruso. Molte le teorie al riguardo. Ti faccio il solo esempio della teoria biblica per cui l'uomo è il destinatario e quindi il proprietario di tutte le cose create da Dio. Si può dire che il concetto di proprietà sia connaturato alla natura prepotente dell'uomo che come qualsiasi altro animale una volta catturata la preda intende mangiarsela da solo. La filosofia ha sempre altalenato su questo argomento con estremismi logici: che sosteneva il buon diritto al possesso, tra cui Aristotele, e chi sosteneva che la proprietà sia un furto, vedi Proudon. In relatà solo con il capitalismo a partire dal XVI secolo si comincia a comprendere il carattere sociale ed economico di questo furto atipico. La Riforma Protestante delegava alla proprietà privata un segno della benevolenza di Dio, un segna della sua grazia. Il Cattolicesimo non ha mai assunto una posizione netta nei confronti della proprietà privata, sempre che non si tratti di beni immobili della Chiesa. I Gesuiti furono capitalisti in Europa e Comunisti in America Latina. Insomma in ogni epoca c'è stato sull'argomento sempre chi è stato giustificazionista e chi antagonista. Un certo giorno è arrivato Carlo Marx, un uomo dalla folta barba e dagli occhi blu che ha cercato di spiegare non tanto se fosse giusto o sbagliato che esistesse la proprietà privata, ma ha invece posto con forza chi ne doveva essere il proprietario. Il frutto del lavoro è di chi lo produce e basta, ebbe a dire. Ma purtroppo è passat tanto tempo e quel frutto non si bene ancora di chi sia e il signor Marx nel frattempo è morto e sepolto. Pace all'anima sua. Ciao
Uno dei primi filosofi a giustificare la proprietà privata fu Aristotele, l’abolizione della quale, secondo lui, è in conflitto con alcune tendenze basilari della natura umana, e creerà liti e dissensi che minano la concordia della città ideale (se il pensiero comunista ne avesse tenuto conto…)
Per Hobbes ogni uomo ha il diritto di possedere tutto, e si può parlare di diritto di proprietà privata solo nel quadro di un ordinamento giuridico.
Per Locke la proprietà costituisce il diritto naturale per eccellenza, acquisibile attraverso un faticoso “lavoro di appropriazione” di ciò che è in natura è «res nullius», o al massimo «res communis», e una volta diventata “privata” il suo possesso viene garantito dal «giudice imparziale».
Dopo questo brevissimo excursus senza pretese, quali considerazioni è possibile fare oggi?
A mio avviso tutti e tre questi filosofi erano nel giusto. La tendenza a possedere la riscontriamo anche negli animali: il cane che sotterra l’osso, il gatto che marca il territorio con l’urina, persino gli alberi che si fanno spazio tra il fitto bosco reclamano “questo spazio di cielo è mio”.
Non possiamo allora negare l’esistenza dell’istinto del possesso in ogni forma vivente. A differenza delle specie “inferiori”, tuttavia, l’essere umano ha esteso questo istinto finalizzandolo non più soltanto all’autoconservazione o al mantenimento della specie, a meno che non si voglia parlare di illusione di sopravvivenza nel possedere anche ciò che, in estrema analisi, risulta superfluo a tale scopo.
Che dire allora? Tutti vi siamo soggetti, tutti abbiamo necessità di dire “questo è mio”, così come tutti abbiamo necessità di cibarci e accoppiarci. A questo punto, giocoforza, subentra il misticismo: l’uomo che vuole elevarsi dalla sua condizione animale deve rinunciare a tutti gli istinti tranne uno soltanto: alimentarsi per non morire, da cui conseguono castità e spoliazione di tutti i propri beni. D’altra parte esiste una corrente mistica alternativa, per la quale non è necessario liberarsi di tali istinti, ciò che conta è saperli gestire e non lasciarsene sopraffare. Come vedi, la questione è alquanto complessa e io credo di non avere risposto alla tua domanda.