faccio riferimento alla scorpacciata di film usciti quasi in contemporanea ilprimo è Indovina chi viene a Natale e fuga di cervelli dove si cerca di far ridere con gaffe sulla condizione(ci puo' anche stare) ma rischiando di essere,troppo spesso , banali e superficiali del resto questi film fanno tutto meno che ridere.Preciso anche che non ho visto i film quindi il mio giudizio è superficiale ma vedere i trailer mi è bastato per capire che non mai facile fare un film sulla disabilità col rischio di essere banali e penosi oppure ancora peggio compassionevoli.
Del film salvo solo il senso di disagio e impaccio dei genitori di lei quando giunge il momento di far conoscere il ragazzo disabile.
http://invisibili.corriere.it/2013/12/23/indovina-...
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Cara Annette,
concordo con V....che se ne parli, magari male, ma se ne parli!
E' molto meglio secondo me affrontare sempre e comunque l'argomento, perchè tacerlo...beh, è ghettizzazione bella e buona, diciamolo!
Un tempo nel cinema non si poteva ne parlare ne mostrare (ma figuriamoci, ne scampi il Cielo!) la diversità, la malattia, nemmeno una donna incinta con la pancia, santa pace (neanche una donna incinta fosse chissà che mostro orrendo): pensa a tutte le eroine del cinema, malate. Come ci venivano mostrate? A letto, avvolte in improbabili vestaglie di velo con le piume (pure a gennaio, con meno 18 gradi...e ti credo che erano malate!!!), pallide, emaciate ma stoicamente pronte al loro fato (se ne fosse mai vista una incavolata col destino...)
E le frasi che descrivevano la loro condizione: "poverina, soffre..." (de che??? se ce lo dite, magari capiamo la storia un po' meglio...) oppure "Ella affronta tutto senza neanche un lamento" (si certo, come no) o ancora "il Destino ha voluto che la sua creatura fosse chiamata in Cielo" (ah, ecco cos'era, era incinta e ha perso il bimbo...no perchè 'sta donna pesa 35 kili e ha il fisico di una mannequin, chissà sto ragazzino dove lo teneva...) e via di questo andare.
Tutto, pur di tenere nascosto quello che pare una vergogna, che sia malattia, disabilità (o gravidanza
appunto, evidentemente accomunata a una malattia).
Poi ovviamente di contro, in tempi recenti, ci sono rappresentazioni anche assurde del disabile, e ci vengono mostrati in situazioni paradossali (vedi ad esempio il poliziotto disabile - purtroppo mi sfugge il titolo del film - in carrozzina che, non potendo più agire sul campo, diciamo così, viene messo ai computer sul camper unità di crisi della polizia... tutto stupendo, bellissimo, equo ma...il camper ha 4 scalini larghi 35 cm per salirvi e una porticina sempre di 35 cm, i poliziotti con le gambe funzionanti ci devono passare di traverso...inoltre è senza rampa....il poliziotto in carrozzina lo calano dall'alto, con la gru ogni volta che ci sale, oppure lo materializzano direttamente alla sua postazione? Ma facitece 'o piacere, come si suol dire!
Personalmente, pur avendo trovato un film come "Quasi amici" interessante, mi ha molto disturbata la rappresentazione di un disabile straricco come un povero reietto. Può esserlo mentalmente, per carità, specie se ha difficoltà ad accettare la sua condizione, ma paragoniamo la sua esistenza, con 18 persone ad attorniarlo per ogni piccolissima difficoltà, e un conto in banca illimitato con quella di un disabile "normale" (oh, finalmente ho potuto usare 'sto termine in un altro senso, producendo quasi un ossimoro!!!), che di persone ad aiutarlo ha magari solo la mamma, e una pensione di invalidità di 250 euro al mese e poi ci facciamo quattro risate...
Quindi, Annette cara, tutto va visto in una certa ottica, diciamo così: per adesso accontentiamoci di essere rappresentati, di non essere un "popolo silenzioso ed invisibile". Col tempo e con una maggiore oculatezza da parte di chi ci rappresenta, forse le cose saranno più eque....mai dire mai!
:-)
P.S.
Dimenticavo: col tempo ho deciso che l' "integrazione dei disabili" cui accenna V (frase che anche io non ho mai capito) si riferisca al fatto che un disabile color marroncino, fatto di cereali non depurati e con un ciuffo di crusca che gli esce dalle orecchie (il famoso "diversamente integrale"...) sia probabilmente più salutare di un normodotato trattato....non avendo altra spiegazione, mi do per buona questa!
Sai, fondamentalmente penso che sia colpa nostra, di noi disabili: abbiamo proprio rotto... ;) E' vero, comunque si prenda in mano il tema, si urta sempre la sensibilità di qualcuno. Te lo dico senza neanche vedere il trailer. Poi ci sono queste fobie, no? Temi sui quali si sviluppano paranoie, individuali o collettive. Uno arriva a dire: questo è il bastone, questa è la deformità, quest'altra è la sedia a rotelle... Fatene quello che vi pare. Per quanto mi riguarda, io sono contento quando la disabilità viene rappresentata anziché no. Anche nella maniera più cretina o sbagliata. Il solo fatto che appaia marca una differenza tra il cinema di oggi e quello di ieri, nel quale, fino a tempi anche recenti, era raro che si rappresentasse granché anche il semplice "infortunato" (tradizione vuole che l'infortunato si infortuni, esca di scena, e vaffancùlo...). La famosa "integrazione dei disabili" (che io non ho mai capito cosa debba significare) si fa così, piano piano, nei secoli... Figurati che ogni tanto qualcuno ci azzecca pure, nel senso che realizza personaggi disabili credibili. Andiamo di lusso!
Ci sono due film che trattano l'argomento disabilità che io salvo e amo
Uno è "The Session", che riguarda più la sessualità del disabile
L'altro non è mai uscito in Italia, ma l'ho visto al Torino Film Festival del 2007
Il titolo è KUNSTEN Å TENKE NEGATIVT/ THE ART OF NEGATIVE THINKING di Bård Breien ed è norvegese
E' perfetto
La rabbia, il dolore, la frustrazione, la pretesa di essere felici della propria condizione... è perfetto
Ed è sarcastico
Ero uscita da lì distrutta. E' il miglior film sull'argomento
Troppo vero per farlo uscire in questo Paese
Ciao Annette!